Giro delle Valli di Sant’Antonio

 

 

Come arrivarci

Alla partenza

Prendiamo la SS 42 in direzione di Edolo e, una volta arrivati in paese, svoltiamo seguendo le indicazioni per la SS 39 del Passo di Aprica. Su questa strada, superiamo il comune di Còrteno Golgi e proseguiamo per Sant’Antonio. Sulla nostra sinistra vediamo un’insegna in legno rossa e bianca, con un’aquila, che recita: “Riserva Naturale Valli di Sant’Antonio”. Svoltiamo e andiamo avanti, superando una segheria.
Al successivo bivio giriamo a sinistra, dove troviamo delle indicazioni relative alla salita in auto a Sant’Antonio che, al momento, è regolata da un semaforo.
Il parcheggio di Sant’Antonio è a pagamento, al prezzo di 6 euro al giorno, da giugno a settembre.

Visto che la strada asfaltata che porta al parcheggio è stata interessata da una frana e da problemi di cedimento verso il torrente, consiglio di consultare le pagine istituzionali del Comune di Corteno Golgi, per avere informazioni sulla sua apertura e chiusura per lavori.

Navigatore: Parcheggio di Sant’Antonio

Il sentiero

Dal parcheggio ci incamminiamo verso il paese e, al primo bivio presso un ponte, sono indicati a destra il Rifugio Campovecchio, a sinistra il Rifugio Brandèt. Prendiamo la strada di destra e ci addentriamo in Sant’Antonio, piccola e graziosa frazione di Còrteno Golgi. Seguiamo i cartelli, anche se non è affatto difficile raggiungere il sentiero per il rifugio, che inizia alla sinistra della chiesa.
Il sentiero parte quasi in piano tra case e campi, ma presto si addentra nel bosco. La salita, graduale e poco faticosa, è accompagnata da un torrente sulla destra. Ci troviamo in una vallata molto verde e fresca, poco antropizzata e con alcune testimonianze del passato lavoro contadino, come piccoli ponticelli in legno.

Un tratto del sentiero all’inizio della Val Campovecchio

Ad un certo punto incontriamo una baita e, poco dopo, passiamo un ponte di tronchi: adesso il torrente è alla nostra sinistra.
Continuiamo a camminare nel bosco, arrivando all’ultimo tratto, leggermante più ripido e più esposto al sole e fiancheggiato da una coltura di lamponi. Adesso il sentiero arriva a delle baite: siamo arrivati a Campovecchio. Proseguendo per circa 200 metri, arriviamo al Rifugio Alpini di Campovecchio.
Possiamo proseguire un po’ oltre, addentrandoci nella verde vallata, oppure continuare con il giro: torniamo indietro fino alle prime baite di Campovecchio e percorriamo il ponte di legno che si trova alla nostra destra e che ci regala un bello scorcio sul piccolo nucleo.

Le baite di Campovecchio viste dal ponte all’inizio della strada che unisce le due valli

La sterrata si addentra subito nel bosco di conifere, molto caratteristico per la grande presenza di muschio e rocce, e prosegue così per alcuni minuti, finchè gli alberi non si diradano. Alla nostra destra possiamo intravedere il sentiero che abbiamo percorso per salire al rifugio. Camminiamo praticamente in piano nel silenzio: questa strada è davvero poco frequentata! Davanti a noi vediamo che il bosco riprende e, dopo poco, ci rientriamo. Procediamo sempre in piano o addirittura in leggera discesa; incontriamo delle indicazioni e, poco avanti, un paio di baite con una bella vista sul Monte Padrio. Con un’ultima breve discesa arriviamo ad altre baite, superate le quali ci immettiamo sulla strada della Val Brandet. All’incrocio procediamo quindi in salita e arriviamo ad altre baite, costeggiando il torrente. La sterrata si fa definitivamente pianeggiante; superiamo un tavolino da pic-nic e alcuni campi cintati con il caratteristico steccato tipico delle Valli di Sant’Antonio.

Particolare dei caratteristici steccati in uso nelle Valli di Sant’Antonio

Incontriamo altre baite e una chiesetta, dietro la quale si trova il Rifugio Val Brandet (m. 1305 s.l.m.).
Il giro delle Valli termina qui e, per la discesa, torniamo indietro lungo la strada sterrata, ignorando, al bivio, la strada da cui siamo arrivati dal Rifugio Campovecchio.
Ora la pendenza in discesa si fa ben più marcata e la strada diventa a fondo di cemento e pietre. Costeggiamo sempre il torrente Brandet alla nostra destra, mentre alla sinistra abbiamo il rigoglioso bosco di abete rosso.
In un quarto d’ora dal bivio, arriviamo a Sant’Antonio: possiamo sia svoltare a destra, percorrendo un ponte, sia entrare nel piccolo paese. In ogni modo, torniamo al parcheggio.

Curiosità

La valle di Campovecchio, come l’adiacente valle di Brandet, è un ottimo terreno per i funghi finferli ed è una rinomata riserva di pesca per la trota.

Entrambi i rifugi che si incontrano in questa escursione sono accoglienti e servono piatti tipici e genuini.

Il Rifugio Val Brandet

Dati salienti

  • Ubicazione: territorio comunale di Corteno Golgi
  • Quota max: 1310 m.s.l.m.
  • Partecipa a  “Girarifugi Lombardia”: SI (entrambi i rifugi)
  • Dislivello: 210m
    • Dislivello positivo: +330 m
  • Tempo di percorrenza: 2:00 h (totale giro)
  • Sviluppo: 7 km (totale giro)
  • Segnaletica: segnavia CAI 127 – 129
  • Difficoltà: 3/10 (E)
  • Panorami e paesaggi: ☆☆☆☆
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: buone
  • Acqua lungo il sentiero: assente

Pian di Gembro

Come arrivarci

Alla partenza

Imbocchiamo la SS 42 in direzione di Edolo e, arrivati in paese, lo attraversiamo immettendoci sulla SS 39 del passo Aprica. Superiamo Corteno Golgi, proseguiamo fino quasi ad arrivare ad Aprica e, in corrispondenza dell’indicazione per Trivigno e Passo Mortirolo, lasciamo la statale per imboccare una strada che sale sulla destra. In una quindicina di minuti, arriviamo a un ampio parcheggio vicino a un punto ristoro e un’area pic-nic, che superiamo. Subito dopo raggiungiamo un bivio, a cui prendiamo la strada che scende a sinistra, seguendo le indicazioni per il ristorante “Oasi” e parcheggiamo pochi metri dopo.

Navigatore: Parcheggio Pian di Gembro

Il sentiero

Il Pian di Gembro è un pianoro situato a circa 1350 metri di quota, in Valtellina, che possiamo percorrere interamente, seguendo un comodo itinerario ad anello. La passeggiata non presenta alcuna difficoltà ed è, pertanto, adatta a tutti in tutte le stagioni dell’anno.

Lasciata l’auto, ci incamminiamo lungo la sterrata e subito arriviamo alle prime case del Pian di Gembro. Proseguendo, la nostra vista spazia su tutte le cime dell’Aprica, con le relative piste da sci. Giungiamo quindi in un’area dove sono presenti molte case e baite, tra le quali anche un’aula didattica sull’ambiente della zona. Il pianoro alla nostra sinistra è una vasta torbiera, utilizzata fino agli anni ’60 per estrarre la torba: infatti nei pressi dell’aula didattica, ci sono ancora i binari su cui correvano i carrelli carichi di torba.

Panorama su Aprica dalla strada asfaltata che porta al Pian di Gembro

Superiamo un ristorante e, ogni tanto, vediamo dei piccoli specchi d’acqua nella torbiera.
Superiamo il sentiero che si stacca alla nostra destra e che conduce al Monte della Croce, dove si trovano delle fortificazioni della Prima guerra mondiale.
A un bivio, la strada sterrata su cui siamo prosegue nel bosco e poi si immette su una strada asfaltata. Noi prendiamo la traccia che entra nel prato sulla sinistra, in modo da costeggiare il laghetto del Pian di Gembro e il suo bellissimo canneto.
Quando arriviamo a circa metà dell’anello, alla fine del laghetto, consiglio di uscire dal tracciato per raggiungere la croce in ferro battuto, su un poggio alla nostra destra: da qui la vista sulla Valtellina è fenomenale e spazia dai paesi del fondovalle fino al Pizzo Bernina, in lontananza.

Verso l’Alta Valtellina e il Monte Masuccio

Tornati sulla strada asfaltata, possiamo proseguire verso la nostra sinistra per meno di cento metri, arrivando a un poggio erboso con una chiesetta: questo è il punto più panoramico sulla Valtellina di tutta l’escursione.
Tornati sui nostri passi, proseguiamo lungo la sterrata, aggirando il laghetto ed entrando così nel bosco. Se il primo tratto della camminata era in piano, quello nel bosco è in leggera salita. Una volta usciti dagli alberi, intravediamo la sterrata dell’andata in basso, alla nostra sinistra. Raggiungiamo poi l’Alpe Valcheola, dove ci sono delle baite che presentano all’esterno numerose varietà di fiori colorati. Rientriamo quindi nel bosco e, nei pressi di un altro gruppo di baite, giriamo a sinistra, restando sulla nostra strada. Proseguiamo fino a incontrare di nuovo l’aula didattica e ci immettiamo sulla strada da cui siamo venuti, fino a tornare alla macchina.

Una vecchia baita presso l’Alpe Valcheola

Curiosità

Il Pian di Gembro è una località molto frequentata in tutte le stagioni dell’anno e, per questo motivo, è raro avvistare qualsiasi tipo di animale, eccezion fatta per i volatili.

Durante l’inverno, in presenza di neve, la strada sterrata che costituisce l’anello diventa una pista da sci di fondo.

L’aula didattica del Pian di Gembro è aperta alle scuole e al pubblico, durante i weekend estivi, fino a settembre. Al suo interno ci sono alcuni acquari che ricreano l’ambiente umido lacustre e di torba che caratterizza la zona: salamandre, tritoni crestati, rane e rospi.

Dati salienti

  • Località: territorio comunale di Villa di Tirano, SO
  • Quota: 1350 m.s.l.m.
  • Dislivello: 150 m
  • Tempo di percorrenza anello: 2 h
  • Segnaletica: segnavia CAI 349 – 352
  • Difficoltà: 2/10 (E)
  • Panorami e paesaggi: ☆☆☆☆☆
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: ottime

 

Tour del Mortirolo

 

Come arrivarci

Alla partenza

Prendiamo da nord la SS 42 in direzione di Edolo e, superato l’abitato di Incudine, prendiamo la SP 81 che si stacca sulla nostra destra (sulla sinistra se veniamo da sud); procediamo, raggiungendo Monno e parcheggiamo poco dopo essere usciti dal paese, presso il campo sportivo, dopo una santella.

Il sentiero

Ci incamminiamo verso l’alto e, in prossimità del primo tornante, si stacca la gippabile che prenderemo. Iniziamo a camminare su strada (purtroppo) asfaltata, entrando nella valle che dalla zona del Mortirolo scende verso il paese di Monno.
Superiamo alcune baite e, in circa un quarto d’ora, arriviamo in località Prà de’ Lares, da cui vediamo scorrere, in basso sulla nostra sinistra, il torrente Mortirolo.
Proseguiamo lungo l’ampia strada, sempre in salita, fino a giungere al bivio segnalato dal cartello che indica “Via del Lac”: abbandoniamo la strada su cui ci troviamo, per imboccare il sentiero a sinistra, che procede inzialmente in piano. Raggiungiamo così un ponte romano, che ci permette di superare l’Ogliolo di Monno e, poco dopo, usciamo dagli alberi.
Percorriamo un’ampia radura, per poi affrontare una breve salita leggermente più ripida delle precedenti: prendiamo la prima a sinistra, abbandonando l’evidente tracciato su cui ci troviamo, in modo da passare accanto ad alcune baite, percorrendo 2 tornantini e una curva a sinistra. Ci immettiamo ora in un’altra sterrata, procedendo verso destra, fino a incontrare delle indicazioni per il Lago. Giriamo quindi a sinistra dove, con una salitina che rimane ai margini del bosco, aggiriamo dall’alto una baita.
Ora il sentiero piega un po’ a sinistra e, con un ultimo quarto d’ora di cammino nel bosco siamo arrivati al rifugio!

Per completare l’anello, superato il rifugio, proseguiamo verso l’alto, lungo una sterrata che sale con poca pendenza, regalandoci dei bellissimi panorami sulla zona del Mortirolo (Monte Pagano, Pianaccio e Val Varadega).
Quasi in piano, arriviamo in una ventina di minuti alla strada asfaltata del Passo del Mortirolo, nei pressi di un agriturismo. Continuiamo su questa verso destra, superando gli alberghi e le baite del Mortirolo bresciano, percorrendo alcuni tornanti. Poco dopo aver superato l’Ogliolo nei pressi delle indicazioni per il Monte Pagano, prendiamo la strada asfaltata che scende sulla destra e che ci farà ricongiungere alla strada con cui siamo saliti.
L’ultimo tratto dell’escurisone, dal bivio di “Via del Lac” fino alla macchina, è lo stesso dell’andata.

Curiosità

Lungo l’itinerario è possibile incontrare dei caprioli e, nella parte finale, con più fortuna, anche dei cervi.

Secondo una leggenda locale, l’antico ponte che si incontra poco dopo la deviazione dalla strada asfaltata, è stato costruito da Carlo Magno quando scese in Italia. In realtà è molto più verosimile che risalga all’epoca romana, addirittura precedente al re franco!

Il rifugio, fino a pochi anni fa, si chiamava rifugio Antonioli e su molte carte lo si trova ancora indicato col suo vecchio nome.

Dati salienti

  • Ubicazione: territorio comunale di Monno
  • Quota max: 1860 m.s.l.m.
  • Partecipa a “Girarifugi Lombardia”: SI
  • Dislivello: 660m
    • Dislivello positivo: +750 m
  • Tempo di percorrenza: 2 h (sola andata)
  • Segnaletica: segnavia CAI “Trekking delle Malghe”
  • Difficoltà: 4/10 (E)
  • Panorami e paesaggi: 5
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: buone

Un tratto della strada che sale al rifugio

 

Rifugio e Lago Aviolo da Vezza d’Oglio

 

Come arrivarci

Alla partenza

Prendiamo la SS 42 in direzione di Vezza d’Oglio e, da via Nazionale, imbocchiamo via Stella (sulla destra per chi viene da Edolo), seguendo le indicazioni per “Val Paghera-rifugio Aviolo”. Superato il ponte Stella, proseguiamo dritto e, in leggera salita, oltrepassiamo la piccola chiesetta gialla dedicata a Sant’Anna. Dopo un tornante e alcune curve attraversiamo il Ponte Scalvino e proseguiamo fino a raggiungere il rifugio “Alla Cascata” a 1453 m.s.l.m.
Possiamo lasciare l’auto poco prima del rifugio, nei due slarghi sulla destra, oppure proseguire a destra oltre l’edificio, raggiungendo un ampio parcheggio poco oltre: quest’ultimo è a pagamento, 3 euro giornalieri per i fine settimana di luglio e ogni giorno dal 25 luglio al 30 agosto.

Il sentiero

Dal parcheggio alto imbocchiamo il sentierino, che entra subito nel bosco, dove si fa strada tra le radici degli abeti, per poi uscire dagli alberi e continuare su fondo roccioso tra l’erba alta.
Procediamo grazie a dei gradoni, che ci accompagneranno per quasi tutta l’escursione, e dopo qualche minuto ci troviamo in un canalone, che percorreremo in salita.
Passiamo una pietraia e, circa a metà del percorso per il lago, scolliniamo leggermente, camminiamo in piano per qualche metro e poi riprendiamo la salita con i gradoni. In questo punto è presente anche una catena sulla sinistra, ma non serve. Al termine della salita, senza avere mai un grosso panorama, il sentiero piega a sinistra, per poi diventare quasi pianeggiante. Passiamo in mezzo a dei larici e arriviamo a un piccolo pianoro, con in fondo una galleria nella roccia, chiusa da un cancello. Giriamo quindi a sinistra, sempre senza possibilità di sbagliarsi e, con ancora alcuni tornanti in salita, superiamo una breve passerella, anch’essa attrezzata con una catena.
Ancora poco e siamo al rifugio Sandro Occhi all’Aviolo.
Poco avanti c’è il bellissimo lago, che possiamo ammirare nella sua interezza, continuando lungo il sentiero, che lo aggira sulla sinistra.

Fauna e curiosità

Poichè quasi tutta la salita si svolge in un canalone roccioso, durante questa escursione non è facile avvistare animali, se non uccelli e rapaci.

La partenza dell’escursione è il rifugio “Alla Cascata”, che come l’Aviolo partecipa a Girarifugi e offre il classico servizio di ristorante.
Il rifugio Aviolo è dedicato alla memoria del vezzese Sandro Occhi, esperta guida alpina, soccorritore, nonchè ideatore della nota “Caspolada al chiaro di luna”, che si tiene ogni anno nel paese, richiamando migliaia di persone da tutto il modno, perito nella Val Grande di Vezza d’Oglio nell’inverno del 2003.
Proseguendo ancora, a circa 1 ora e mezza dal rifugio, si giunge al Passo Gallinera, dove si trova il bivacco Festa.

Sebbene la partenza dell’itinerario sia presso Vezza d’Oglio, contrariamente a quanto si possa pensare, il lago e il rifugio ricadono nei confini comunali di Edolo: infatti lo spartiacque tra i due comuni si trova circa a metà della salita, ed è indicato da una croce di ferro posta su una roccia, che reca scritto “M V”. La “M” sta per Mù, e la “V” per Vezza, poichè fino al 1927 Mù, che oggi è una frazione di Edolo, era un comune indipendente.

Dati salienti

  • Ubicazione: territorio comunale di Edolo
  • Quota: 1930 m.s.l.m.
  • Partecipa a “Girarifugi Lombardia” (Alla Cascata-Aviolo): SI
  • Dislivello: 440m
    • Dislivello positivo: +520 m
  • Tempo di percorrenza itinerario: 1:15 h
  • Segnaletica: segnavia CAI 21-1 “Alta Via dell’Adamello”
  • Difficoltà itinerario: 4
  • Panorami e paesaggi: 5
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: buone

 

Giro dei tre rifugi: Gnutti-Baitone-Tonolini

Come arrivarci

Alla partenza

Prendiamo la SS 42 in direzione di Sonico e la lasciamo per entrare in paese, dove imbocchiamo via Franco Tonolini. Raggiungiamo sempre dritti la frazione di Rino e, prendendo via Panoramica, proseguiamo senza possibilità di sbagliare. A un crocevia svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per i rifugi Baitone e Tonolini.
Iniziamo così una stretta, ma suggestiva stradina con la quale arriviamo al rifugio-albergo Val Malga e da qui, sempre sulla stradicciola, raggiungiamo il parcheggio di Ponte del Guat, dove lasciamo l’auto.

Il sentiero

Premesso che si tratta di un percorso ad anello, si può salire sia dal Rifugio Gnutti, sia dal Rifugio Baitone. Di seguito è descritto il giro classico che prevede: Gnutti-Baitone-Tonolini.
Io consiglio questo tragitto anche perché si affrontano le ripide e impegnative Scale del Miller e l’esposto Passo del Gatto in salita. Meglio percorrere entrambi in salita che in discesa, potendo scegliere.

Raggiunto il Rifugio Premassone (m. 1590 s.l.m.), dove c’è ancora la possibilità di parcheggiare, a pagamento, proseguiamo lungo la strada sterrata che diventa subito acciottolata.
Troviamo subito delle indicazioni: a sinistra il Baitone e il Tonolini, mentre a destra il Gnutti. Continuiamo quindi a destra, tra le piante, superiamo un torrente, dopo il quale la pendenza aumenta. Stiamo entrando nella Val Miller.
Arrivati a una cascina, la strada termina e inizia un sentiero che procede nel prato, aggirando una grossa roccia e si avvicina al torrente. Camminiamo ora quasi in piano per circa 1 chilometro, sempre costeggiando il torrente, per poi iniziare la parte più impegnativa dell’itinerario: le Scale del Miller, numerosi tornantini molto ripidi, a gradoni, che ci permettono in poco tempo e spazio di superare circa 300 metri di dislivello.
Dai gradoni la vista inizia piano piano ad aprirsi sulla conca del Baitone, e diventano visibile il Rifugio Baitone e gli edifici della centrale idroelettrica.
La vegetazione ora si dirada, le ripide “scale” terminano e arriviamo nella parte alta della Val Miller, circondati da alte cime. Proseguendo tra erba, piante di mirtilli, rododendri e radi e solitari arbusti, superiamo il piccolo torrente Remulo, giungendo al Rifugio Serafino Gnutti (m. 2166 s.l.m.), che si trova presso il laghetto del Miller.
Saliamo verso la chiesetta, a nord del rifugio, che in realtà è il bivacco invernale, per prendere il sentiero  n.1-Sentiero Italia, che prosegue a sinistra, a un bivio. Procediamo in direzione opposta a quella da cui siamo saliti, dominando la selvaggia Val Miller. Alla nostra destra ci sono delle rocce e il sentiero inizia a scendere decisamente. Dopo un po’ che scendiamo il sentiero si fa esposto e presto troviamo anche una catena che ci accompagnerà per un bel tratto. Superiamo alcuni passaggi in cui prestare attenzione, arrivando al punto più basso di questo lungo traverso, il Passo del Gatto (m. 2103 s.l.m.), caratterizzato da un intaglio nella roccia, alto abbastanza per farci passare. Qui, il lato del sentiero a valle è protetto da un parapetto in funi metalliche.
Riprendiamo a salire e in poco tempo il sentiero si fa meno esposto; percorrendo alcuni tornantini, arriviamo ai primi edifici della centrale idroelettrica del Baitone e, poco dopo, al rifugio arroccato sulle pendici meridionali dell’omonima conca (m. 2281 s.l.m.).
Superato il rifugio Baitone, vediamo l’imponente diga del grande lago artificiale che occupa tutta la conca del Baitone. Proseguiamo dritti verso l’alto, seguendo le indicazioni, lungo un tranquillo sentiero tra le rocce. Presto la pendenza diminuisce e ci troviamo a camminare in un pascolo, spesso frequentato da bestiame. Terminato il lago alla nostra sinistra, riprendiamo a salire con dei piccoli tornantini, per poi affrontare un brevissimo tratto di catena e scalette, utili a superare una grossa roccia posta di traverso lungo il tracciato. Questo divertente tratto non è assolutamente pericoloso o esposto, le scalette servono solo a facilitare il cammino.
Un ultimo sforzo e arriviamo al Rifugio Tonolini, a 2450 metri di quota, ubicato presso il Lago Rotondo, in circa 3 ore e 30 da Ponte del Guat.

Continuiamo il nostro anello in discesa, aggirando il Lago Baitone dall’altra sponda. Dopo un’iniziale ripida discesa, arriviamo a una piana radura, per poi proseguire lungo una mulattiera a fondo di pietre, per un breve tratto. Continuiamo poi lungo un comodo sentiero, molto panoramico sulla conca del Baitone, terminando così un “anello” del lago, tornando alla diga visitata in precedenza.
Scendiamo verso sud, compiendo alcuni tornantini, dai quali vediamo parte della Val Miller e il sentiero che abbiamo percorso all’andata, con le ripide “scale” di roccia. La mulattiera abbastanza sconnessa su cui ci troviamo ci porta a una ex costruzione dell’agenzia idroelettrica che gestisce il bacino, ora parzialmente trasformata in baita privata. Entriamo in un breve tratto di bosco, dove troviamo due tavolini da pic-nic e, con un’ultima decina di tornanti, ritorniamo al bivio iniziale, a poca distanza dal Rifugio Premassone.

Curiosità

Il Rifugio Gnutti è intitolato al Sottotenente degli Alpini Serafino Gnutti, Medaglia d’Oro al Valore Militare, che perse la vita in combattimento durante la Campagna d’Albania, nel 1941, mentre al comando del suo plotone resisteva strenuamente agli attacchi nemici, spronando i suoi uomini a fare lo stesso.
Viene gestito dal C.A.I. della Sezione di Brescia.

Il Rifugio Tonolini è intitolato alla Medaglia d’Oro al Valore Militare Capitano degli Alpini Francesco “Franco” Tonolini, caduto in battaglia presso la Montagnola di Valdobbiadene (TV) nel 1918, verso la fine del primo conflitto mondiale. L’ufficiale brenese viene ricordato come strenuo patriota e soldato dallo straordinario valore.
Anche questo rifugio è gestito dal C.A.I. di Brescia, mentre il Baitone è di proprietà del Comune di Sonico, cui fa capo la Val Malga.

Nella conca del Baitone è possibile avvistare stambecchi e marmotte.

A causa dell’esposizione del lungo traverso tra il Gnutti e il Baitone, il grado di difficoltà dell’itinerario è EE (escursionisti esperti).

Dati salienti

  • Ubicazione: territorio comunale di Sonico
  • Quota max: 2450 m.s.l.m.
  • Partecipano a “Girarifugi Lombardia”: SI
  • Dislivello: 910 m
    • Dislivello positivo: +1200 m
  • Tempo di percorrenza: 6:00 h (totale anello)
  • Segnaletica: segnavia CAI 23
  • Difficoltà: 7
  • Panorami e paesaggi: 5
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: sconsigliato il tratto del Passo del Gatto (anche se c’è quasi sempre una catena sul lato a monte)
  • Condizione e ampiezza sentiero: buone

 

Rifugio Garibaldi all’Adamello da Malga Caldea

Come arrivarci

Alla partenza

Prendiamo la SS 42 in direzione di Temù; arrivati in paese, alla rotonda prendiamo la prima uscita (se veniamo da Edolo; la seconda se veniamo da Ponte). Prendiamo il primo ponte girando a destra e proseguiamo ancora a destra una volta finito il ponticello. Ci troviamo ora su via Val d’Avio. Prendiamo la prima a sinistra: via Prevalè. Al primo bivio ci teniamo sulla destra, continuiamo fino ad arrivare a un secondo bivio dove ci sono dei pannelli informativi: qui ci teniamo sulla sinistra. Entriamo ora nel bosco e in un quarto d’ora la stretta strada ci porta al primo parcheggio. Noi proseguiamo perchè questo è un po’ lontano dalla partenza dell’escursione. Possiamo lasciare la macchina in un secondo posteggio prima di superare un ruscello o arrivare direttamente alla Malga Caldea dove c’è un ampio parcheggio.

Il sentiero

Iniziamo a camminare subito tra conifere e prati cintati, adibiti a pascolo bovino ed ovino. Presto arriviamo a un pannello informativo delle escursioni praticabili in zona: qui inizia una strada asfaltata, che ci condurrà con 9 tornanti ai laghi d’Avio, in poco meno di un’ora (con un buon passo anche in una mezz’oretta). Camminiamo in costante salita, senza alcun tratto pianeggiante, percorrendo i tornanti. La vegetazione ai bordi della strada è composta da arbusti e qualche abete e, ogni tanto, vediamo il parcheggio e lo scosceso versante opposto della valle. Troviamo una lapide e, dopo l’ultimo tornante, sempre in salita, arriviamo a un’ampia piazzola, ai margini della quale ci sono degli edifici dell’ENEL e l’arrivo della teleferica, sempre di proprietà dell’ENEL.
Il primo lago, il Laghetto dell’Avio (m. 1870 s.l.m.) si trova sotto di noi e lo vedremo meglio in seguito. Proseguiamo quindi lungo la sterrata che costeggia i laghi, passando prima il laghetto, arrivando poi al secondo lago, il Lago d’Avio (m. 1910 s.l.m.), che è il maggiore dei tre. A un certo punto abbandoniamo l’ampia carrareccia, per prendere il sentiero che sale alla nostra destra, seguendo le indicazioni per il rif. Garibaldi. Procediamo quindi tra alcuni sassi, con il bosco alla nostra destra, raggiungendo in poco tempo la cappellina edificata dall’ENEL nel 1958 in memoria degli operai che hanno perso la vita costruendo le molteplici dighe della Val d’Avio. Il Lago Benedetto (m. 1930 s.l.m.) si trova poco sotto di noi, chiaramente a sinistra.
Proseguendo per il nostro sentiero, superiamo due nuovi edifici, aggirando il lago.
Il sentierino inizia a salire più marcatamente, e il fondo si fa più sconnesso; superiamo una cascatella che bagna i sassi circostanti, grazie a un ponticello di legno. Da questo punto la vista si apre sui 3 laghi d’Avio. Con un paio di piccoli tornantini arriviamo ai 2000 metri di quota; procediamo tra gli arbusti, per poi sbucare in una vasta area pianeggiante, con vista sull’Adamello, Cima Plem e Passo delle Gole Larghe. Il fondo del sentiero è tornato normale, superiamo un grosso tavolo da pic-nic e una deviazione, che conduce al lago Pantano, per proseguire verso l’Adamello. Passiamo su un bel ponticello, dopodiché entriamo per poco tra gli alberi, per uscirne subito, passiamo sotto ai cavi della teleferica e ci troviamo davanti un bel tratto di mulattiera pianeggiante, terminato il quale avrà inizio il cosiddetto calvario.
Ormai abbiamo praticamente superato il limite degli alberi: ne troviamo solo alcuni qua e là. Alla nostra destra vediamo in maniera chiara il Lago Pantano dell’Avio, con la sua imponente diga. Ci troviamo circa a 2200 metri, ne dobbiamo percorrere altri 350 in una costante salita, con dei piccoli gradoni di sassi, completamente esposti al sole, ma niente paura! Percorriamo quindi alcuni tornantini, immersi in un territorio stupendo, con un panorama altrettanto unico, superiamo una costruzione di pietre e, sopra di noi, sulla destra, cominciamo a vedere la grande diga del Lago Venerocolo, in prossimità del quale si trova il rifugio. Il sentiero piega a sinistra, la pendenza diminuisce e, superati gli ultimi sassi, vediamo di fronte a noi la facciata del rifugio Garibaldi, con il lago e, più a destra, il Monte Adamello, in tutta la sua maestosità e possenza.

Possiamo percorrere la diga del Venerocolo e risalire leggermente il deposito morenico che troviamo poco dopo, per arrivare proprio ai piedi dell’Adamello e ammirarlo direttamente, senza ostacoli.

Fauna e curiosità

Fino alla Malga Lavedole, il tracciato è solitamente molto frequentato, quindi avvistare animali, eccezion fatta per i rapaci e altre specie di volatili, non è cosa facile. Una volta al Lago Venerocolo è possibile vedere degli stambecchi che frequentemente si trovano ai piedi della diga.

Per ammirare relativamente da vicino l’Adamello, questa è sicuramente una delle escursioni migliori. Non presenta difficoltà tecniche, pur essendo un po’ lunga e impegnativa in termini di allenamento.

Il Lago Venerocolo, come gli altri 4 laghi che si trovano nella Val d’Avio, è artificiale e viene usato dall’ENEL per la produzione di energia elettrica.
Poco sotto alla diga è stata costruita una chiesetta dedicata ai morti in montagna, in guerra e in pace: al suo interno e all’esterno sono presenti molte targhe commemorative di alpini caduti durante la Guerra Bianca e anche di escursionisti o alpinisti che hanno perso la vita sulle loro amate montagne.

La sterrata da percorrere in auto per arrivare al parcheggio della Malga Caldea è abbastanza stretta e non molto ben tenuta. In alcuni punti la strada è a dorso di mulo o ci sono dei rivoli da sorpassare: per questo se non si ha un fuoristrada consiglio di andare piano e prestare attenzione.

Dati salienti

  • Ubicazione: territorio comunale di Edolo
  • Quota: 2550 m.s.l.m.
  • Partecipa a “Girarifugi Lombardia”: SI
  • Dislivello: 980m
    • Dislivello positivo: +1150 m
  • Tempo di percorrenza: 3:00 h
  • Segnaletica: segnavia CAI 11
  • Difficoltà itinerario: 7
  • Panorami e paesaggi: 5
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: buone

 

Mola da Vico di Edolo

Come arrivarci

Alla partenza

Prendiamo la statale 42 fino a Edolo, entriamo in paese, in piazza Martiri, per quindi continuare per un breve tratto sulla SS 39 del Passo Aprica. Dopo pochi minuti, prendiamo la strada asfaltata che si stacca in alto a destra, seguendo il cartello per Vico. Con una quindicina di tornanti raggiungiamo senza difficoltà il caratteristico borgo, posto a 950 metri di quota, e lasciamo l’auto in un ampio parcheggio prima delle case.

Il sentiero

Ci incamminiamo e prendiamo la strada che sale, sulla destra, al cui termine ci troviamo fuori dal paese, su una mulattiera. Poco prima di una santella lungo il cammino giriamo a destra, superando il campo, ed entriamo tra gli alberi di latifoglie, in maggioranza querce. Seguendo il tracciato, deviamo presto a destra, percorrendo una stradetta cementata che inizia con molta pendenza e, finita la salita, abbiamo un discreto panorama sulla sottostante Val di Corteno e sul gruppo dell’Adamello.
Entriamo nel bosco, dove la salita aumenta un po’ e, dopo un paio di tornanti, incontriamo il rudere di una vecchia abitazione; iniziano a vedersi anche delle conifere, degli abeti rossi.
Il nostro comodo tracciato continua nel bel bosco, con alcuni punti panoramici, fino a raggiungere, in 1:15 h dalla partenza, una piccola radura in pendenza posta a 1400 metri di quota, dove si trovano alcune baite, le Bedöle, toponimo dialettale che sta per “betulle”, pianta presente nel luogo, e un fontanile degli anni ’50.
Con una ripida salita torniamo nel bosco, a maggioranza di conifere, coprendo un buon dislivello, considerata la brevità del tratto: in pochi minuti giungiamo a una seconda piccola radura, dove è ubicato il Roccolo Laffranchini, ormai totalmente ristrutturato (1470 m.).
Superata la costruzione, usciamo dal bosco, avendo roccia alla nostra sinistra, e, sulla destra, un magnifico panorama su Edolo, il massiccio dell’Adamello e la Val di Corteno. Presto raggiungiamo un altro spiazzo panoramico, dove una mappa ormai completamente rovinata e illeggibile indica le cime visibili.
Saliamo per pochi minuti, fino a trovare un bivio, dove lasciamo la nostra mulattiera per girare a sinistra: davanti a noi si vedono alcune delle baite di Cuel. Alla prima indicazione per Mola, abbandoniamo la sterrata, per salire sulla destra, lungo un sentierino inerbito e poco battuto; scolliniamo, arrivando a una spianata, in fondo alla quale si trova una baita. Qui vediamo un sentiero poco più in alto di noi, sulla sinistra: lo raggiungiamo e lo percorriamo, ora vediamo la baita dall’alto. Seguendo i segnavia del CAI, molto evidenti, saliamo ancora, giugnendo a una suggestiva radura pianeggiante. Proseguendo in questo posto idilliaco, costituito da piccole radure separate da alcuni abeti, scendiamo leggermente, uscendo dagli alberi e davanti a noi si apre il panorama su Mola, col Motto della Scala. Continuiamo sulla sterrata che troviamo poco sotto e, in un quarto d’ora arriviamo a Mola, dove si trovano alcune baite e una chiesetta dedicata al beato Don Carlo Gnocchi: prendiamo la strada asfaltata di sinistra e, in breve tempo, giungiamo al rifugio Malga Mola (1700 m.s.l.m.).
Per il ritorno possiamo tornare sui nostri passi, per un centinaio di metri, fino a imboccare la sterrata che scende a destra. Dopo un primo tratto tra i campi, gli alberi si fanno più fitti e, poco prima del muro di contenimento in cemento e pietre, prendiamo un sentierino non segnalato, che scende a sinistra, nella valletta del torrente. Il sentiero si fa più largo, incontriamo una baita, superiamo un torrentello ed entriamo nel bosco; sopra di noi, sul lato sinistro, si trovano alcune proprietà. In una mezz’oretta da Mola arriviamo alle baite Cuel, un piccolo agglomerato, e poi ci immettiamo sulla mulattiera con cui siamo saliti all’andata.

Fauna e curiosità

L’altopiano di Mola, e in generale tutta l’Oasi Turicla in cui si colloca, è noto per la sua abbondanza di cervi, ma ultimamente anche un’altra specie, sempre più prepotentemente, si sta facendo largo in questo territorio: i cinghiali. Infatti non è affatto difficile vederne nei boschi sopra Vico, ricchi di ghiande, fino addirittura in Mola. Se non avrete l’occasione di incontrarne, sicuramente vedrete la traccia principe del loro passaggio, il terreno smosso con forza, con intere zolle sollevate.
Naturalmente, in presenza di cucciolate, prestiamo sempre la massima attenzione, senza avvicinarci.

Mola è un caratteristico altopiano, molto frequentato in estate perchè facilmente raggiungibile in macchina da Edolo, e da cui si può godere di uno stupendo panorama.
Quello descritto è solo uno dei vari itinerari che vi conducono: si può salire anche da Edolo, seguendo la strada della Costa (percorrendo questo itinerario, dove si parla del punto più alto dell’escursione, basta proseguire dritti, invece che scendere: è il bivio di Cuel, descritto in questo articolo); oppure esiste anche un comodo itinerario che parte dal paese di Monno.

Dati salienti

  • Località: territorio comunale di Edolo
  • Quota: 1700 m.s.l.m.
  • Partecipa a “Girarifugi Lombardia” (rif. Mola): SI
  • Dislivello: 740m
    • Dislivello positivo: +970 m
  • Tempo di percorrenza: 2:45 h fino a Mola
  • Segnaletica: sentiero CAI “Trekking delle Malghe”
  • Difficoltà: 5
  • Panorami e paesaggi: 5
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: ottime

 

Monte Padrio da Trivigno

Come arrivarci

Alla partenza

Imbocchiamo la SS 42 in direzione di Edolo e, arrivati in paese, lo attraversiamo immettendoci sulla SS 39 del passo Aprica. Superiamo Corteno Golgi, proseguiamo fino quasi ad arrivare ad Aprica e, in corrispondenza dell’indicazione per Trivigno e Passo Mortirolo, lasciamo la statale per imboccare una strada che sale sulla destra. In una quindicina di minuti arriviamo all’ampio parcheggio del Pian di Gembro, lo superiamo e a un bivio, poco dopo, seguiamo le indicazioni per Trivigno.
Arrivati al caratteristico borgo, proseguiamo in auto fino al termine delle case, dove si trova un parcheggio con 30 posti, sulla destra.

Il sentiero

Ci incamminiamo, a destra, lungo la strada asfaltata, camminando al bordo del caratteristico altopiano di Trivigno. Superiamo alcune baite e, arrivati in prossimità di una curva, seguendo le indicazioni, prendiamo la sterrata che si stacca sulla sinistra, per entrare presto tra gli alberi.
In pochi minuti arriviamo a una piccola radura, dove sono presenti dei cartelli informativi sui percorsi da praticare nella zona; proseguiamo tra le conifere e i bassi cespugli e, poco dopo, giungiamo a un’ampia radura da cui vediamo, davanti a noi, la cima del Monte Padrio. Qui possiamo salire più ripidamente, con la mulattiera che continua dritto, oppure prenderla più comoda, con un’altra che aggira il dosso sulla sinistra. In entrambi i casi, entriamo ancora nel tranquillo bosco e vi restiamo per pochi minuti, per poi raggiungere uno spiazzo panoramico sulle Orobie. A questo punto, possiamo lasciare il tracciato per proseguire sulla sinistra per una cinquantina di metri: sulla sommità di un dossetto vediamo una croce, la raggiungiamo e da qui abbiamo una bellissima vista sull’Alta Valtellina.
Tornati indietro, ignoriamo un segnavia avanti a sinistra, per continuare a salire davanti a noi. Il sentiero fa una curva a destra e poi subito una a sinistra, al termine della quale si restringe un pochino. Saliamo più ripidamente tra rododendri e abeti e, dopo un po’, sbuchiamo nella vasta radura che costituisce la parte più alta del Monte Padrio. Proseguiamo, alternando tratti pianeggianti ad altri in leggera salita, il panorama si fa via via migliore, fino a raggiungere la cima del monte, dove si trova una infelice croce realizzata con due astine di metallo e un puntatore che indica le cime circostanti.

Fauna e curiosità

Posto a cavallo tra la Valcamonica e la Valtellina, il Monte Padrio, è un luogo da cui si ha un meraviglioso, e forse unico, panorama a 360 gradi sulle montagne circonstati: dal gruppo dell’Adamello, sopra Edolo, alla Val di Corteno con le Valli di Sant’Antonio, al Pian di Gembro, passando per Trivigno, per finire con la Valtellina, l’estremità nord del lago di Como, Guspessa e addirittura il Bernina. Davvero unico!
Considerato che si tratta di una facile escursione, la consiglio a tutti, almeno una volta!

Il percorso descritto è sempre molto frequentato, in tutte le stagioni dell’anno, quindi è davvero difficile incontrare degli animali, che non siano volatili.

Dati salienti

  • Località: territorio comunale di Corteno Golgi
  • Quota: 2153 m.s.l.m.
  • Dislivello: 360m
  • Tempo di percorrenza: 1:15 h
  • Segnaletica: seguire indicazioni
  • Difficoltà: 3
  • Panorami e paesaggi: 5
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: ottime

 

Lago d’Arno da Isola di Cevo

Come arrivarci

Alla partenza

Da Edolo prendiamo la SS 42 verso sud e, arrivati a Forno Allione, alla rotonda prima delle gallerie giriamo a destra, passando sui due ponti.
Superiamo l’abitato di Demo e arriviamo a Cedegolo, dove svoltiamo a sinistra imboccando la SP 6.
Ci addentriamo nella Valle di Saviore, superiamo le frazioni di Andrista e Fresine, da cui proseguiamo verso destra. La strada si restringe e, in poco tempo, arriviamo al piccolo nucleo di Isola di Cevo, dove parcheggiamo nei pressi di una bacheca informativa, all’inizio del paesino (m. 890 s.l.m.).

Navigatore: Parcheggio Isola di Cevo

Il sentiero

Passiamo il ponte e subito sul muro di una casa davanti a noi leggiamo scritto in rosso “Lago d’Arno” e poi troviamo dei cartelli con foto del lago e indicato un tempo di percorrenza di 2 ore e 30, che reputo sottostimato.
Entriamo subito nel fitto e rigoglioso bosco di latifoglie, ricco anche di muschi e felci e, nelle stagioni giuste, funghi.
Incontriamo delle barriere paramassi e poco oltre, a un tornante, un tubo dell’acqua che termina con un rubinetto.
Continuiamo a salire con numerosi tornantini, rimanendo sempre nel bosco, alternando tratti a prevalenza di latifoglie, come i castagni, a tratti di conifere.
Il sentiero è una mulattiera che prosegue sempre nel bosco, che inizia ad aprirsi con degli interessanti scorci panoramici su Cevo e Saviore da circa metà della salita.
Verso i 1500 metri di quota si trovano molti rododendri che regalano bellissimi colori grazie alle loro fioriture primaverili.
Dopo un ultimo tornante sinistrorso, arriviamo a un bivio, con delle indicazioni del CAI: da sinistra arriva il sentiero che sale dalla località Rasega, che si unisce al nostro per andare al lago, verso destra. Procediamo quasi in piano, superando tunnel paramassi e gallerie scavate nella roccia, finchè a un certo punto la vista alla nostra destra si apre sull’imponente diga del Lago d’Arno.
Un ultimo zig-zag tra gli alberi e una zona prativa e arriviamo a un cancellino che segna l’ingresso nella zona del lago: troviamo a destra e davanti a noi degli edifici di pertinenza della diga, usati anni fa dai dipendenti ENEL. Poco oltre arrivamo alla diga, che è percorribile nella sua totalità.
Il Lago d’Arno è molto esteso e si sviluppa addentrandosi nella stretta vallata. Proseguendo lungo la stradina, lo costeggiamo per un po’, superando un altro tunnel e ci fermiamo circa a metà del suo sviluppo in lunghezza.

Volendo proseguire, si può raggiungere la Caserma Campellio, usata durante il primo conflitto mondiale e addirittura arrivare alla fine del lago.

Curiosità

Il Lago d’Arno è un lago glaciale naturale che però nel 1911 è stato sbarrato con l’attuale diga per usare la sua acqua al fine di produrre energia elettrica.
Fatta eccezione per il Lago d’Iseo, il Lago d’Arno in condizione di massimo invaso è il lago più grande della Valle Camonica e comunque il più grande in assoluto contenuto interamente nei confini della valle.

La Valle dell’Arno è una piccola convalle della Valsaviore, insieme alle valli Salarno e Adamè.

I boschi che si percorrono per arrivare al lago sono ottimi per la ricerca di funghi edibili!

Dati salienti

  • Ubicazione: territorio comunale di Cevo
  • Quota: 1820 m.s.l.m.
  • Dislivello: 940m
    • Dislivello positivo: +1200 m
  • Tempo di percorrenza: 2:45 h
  • Segnaletica: segnavia CAI 88
  • Difficoltà: 6/10 (E)
  • Panorami e paesaggi: ☆☆☆☆
  • Escursionisti che soffrono di vertigini: adatto
  • Condizione e ampiezza sentiero: buone
  • Acqua lungo il percorso: si (fontanella al parcheggio e dopo una ventina di minuti dalla partenza)

 

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